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Il valore della parola scritta

Una data importante il 9 aprile 2025. È stata instituita una “Giornata nazionale dell’ascolto dei minori”. Finalmente, dico io che da tanti anni mi occupo di sportelli aperti all’ascolto partendo da ciò che i ragazzi scrivono: cioè da un loro prodotto non sottoposto a quantificazioni standard.

Beh, solo un “maestro di strada” come Marco Rossi Doria poteva avere una idea gentile quale quello di attivare una raccolta di cartoline scritte da loro per verbalizzare…. cosa augurano a loro stessi da grandi. Alcuni commentatori hanno sottolineato la speranza: per progetti che vanno da quelli professionali a quelli legati all’amore. A me, hanno fatto più impressione le tanti, costanti, frasi quali “Non ho più paura di rimanere da sola”, “Ho meno paura”, “Ho superato le mie paure”, “Non ho paura di fallire”, “Non ho più paura di amare”, “Ho superato la paura dei ragni e delle donne” “Non sono in un carcere a marcire” “Non sono sotto un ponte” “Non ho più paura del cibo” “Non mi sento più sbagliata”, “Sono guarita da tutte le debolezze che avevo e nascondevo”, “Sto meglio”, “Ho fatto pace con me stesso”…

Insomma: se guardiamo a ciò che sentono OGGI, non si può non evidenziare la parola “paura”. Seppure coperta dal leggero velo di futura speranza, è parola che si lega alla realtà di adolescenti. Di oggi.

E la cartolina, prezioso strumento di comunicazione (e non più oggetto del passato: tornerò su questo argomento), ci ha fatto partecipi delle tante loro preoccupazioni che spesso si colorano di angoscia.

Senza titoloAnna Rita Guaitoli

Evviva! C’è il diario

Perché tale entusiasmo da parte mia? È recente la notizia che tornerà a scuola il diario (di carta) per annotare i compiti da fare, in barba al famigerato registro elettronico che tanti guai sta combinando.
Non si vogliono demonizzare i meriti delle tecnologie digitali che fanno comunque parte (dominante) del nostro presente. Ma questo “ritorno” è una breccia verso una nuova consapevolezza sulla importanza della scrittura manuale: una necessità, per la quale con forza disperata mi sono battuta.
Intanto, scrivere significa allenare la capacità di muovere le mani con movimenti fluidi che assumono l’andamento di un movimento melodico: in effetti, si chiama melocinetica la capacità di compiere movimenti fini e precisi (il termine è in genere associato in negativo alla difficoltà di effettuare tale azione).
L’abilità di fornire la giusta fluenza alle sequenze motorie a me interessa perché permette la coordinazione complessa tra i movimenti muscolari e le attività cerebrali. Proprio durante la scrittura a mano, con quel movimento scorrevole delle dita, si rende attivo il circuito cervello – mano – cervello che va a sollecitare le zone alla memoria destinate.
Non solo: semplificando e sintetizzando al massimo ricordo che annotare i compiti assegnati significa porre attenzione a ciò che si deve fare. E “attenzione” in questo caso significa stimolare responsabilità individuale e capacità di pianificazione.
Se vi pare poco, preciso: significa sviluppare abilità di gestione del tempo; soprattutto, avviare il processo di autonomia.
Viva il diario.

Anna Rita Guaitoli

Speranza

Durante l’Attesa (tema su cui mi sono fermata nell’ultimo cantuccio) rimane viva la speranza. Proprio come – ancora una volta – cantava Emily Dickinson grande generatrice di indimenticabili immagini:

È la “speranza” una creatura alata

che si annida nell’anima –

e canta melodie senza parole –

senza smettere mai

Non sono solo parole poetiche. Se si ha pazienza di aspettare, orecchie per ascoltare, e occhi per tutto scrutare, la speranza si fa concretezza. Eccone due esempi riguardanti il mondo carta-penna in cui ho vissuto (e ancora vivo) tante passioni.

Il primo: in Svezia i bambini di questo anno scolastico 2023-2024 sui loro banchi al posto dei tablet e dei dispositivi digitali introdotti con importanti sussidi negli anni passati, hanno trovato …quaderni e penne, libri di carta, fogli. Una indagine internazionale che si ripete ogni cinque anni per misurare l’abilità di lettura degli studenti tra i nove e i dieci anni, aveva dimostrato come la capacità di lettura degli studenti svedesi fosse diminuita del 11% in 5 anni. E una delle cause principali si è dimostrata essere l’uso eccessivo dei dispositivi digitali.

Alle critiche degli zelanti fautori della “modernità” il ministro della cultura ha risposto: “Ci sono chiare prove scientifiche che gli strumenti digitali compromettono piuttosto che migliorare l’apprendimento degli studenti”.

Il secondo: è appena nata, nel Dipartimento di Lettere della Università la Sapienza una rivista… manoscritta. Si chiama DIGITI, evidentemente facendo riferimento alle “dita che tengono in mano la penna”.

Io, qui, voglio solo trascrivere il loro progetto che si fonda sulla “… scommessa di riappropriarsi di un percorso, di un ritmo di pensiero e di una fluidità di parole che solo la scrittura a mano, in particolare quella corsiva, permette di avere…”. Ogni articolo ha la grafia dell’autore. Cioè espressione della personalità di ognuno.

E così finisce l’anno 2023 e comincia l’anno 2024.

Senza titolo

Anna Rita Guaitoli

Attesa

Ho un’amica che insegue le parole che le vengono incontro. Scrive poi le successive riflessioni mettendole in relazione con immagini della natura che solo un occhio sensibile sa cogliere. In questi caldi caldi, difficili, mesi estivi ho goduto della sua sensibilità immaginativa, e ho trovato la spinta per recuperare il valore dell’attesa. Difficile farlo quando si subiscono dolori: domina la paura del dopo. Quasi impossibile da accettare per molti (ahimè, soprattutto per chi cresce) oggi, nell’epoca del “tutto-subito”.

Il valore etimologico spesso apre scenari diversi. “Ad-tendere” indica un tendere a, un aspirare: azioni che hanno implicito il rinnovarsi del desiderio. Ovviamente, Emily Dickinson lo sapeva dire, e come: Marzo: mese di attesa. / Le cose che ignoriamo /E le persone che aspettiamo/ Sono in cammino…

Del resto, ecco: un moscerino “deciso ad esplorare la pagina” in cui Isa stava scrivendo si è fermato sul bordo, in basso …. “È tempo di voltare pagina.” La sosta, l’inizio di altro. L’attesa.

 moscerino

Moscerino posato sulla pagina

D’accordo: non è facile. Occorre avere avuto la capacità (e la calma) di recuperare un tempo – non tempo; di accettare la sosta; di trovarsi pronti.

“Guardo delle formiche che hanno ammassato semi vicino all’entrata del loro nido: loro sanno quando è tempo di fare delle cose”.

Buon inizio (finito il caldo).

E grazie a Isabella Zucchi.

Anna Rita Guaitoli

Mani e bocca

Senza titolo

 

Lui è l’Homunculus. Fece la sua apparizione il primo dicembre del 1937, quando Wilder Penfield, neurologo canadese, pubblicò sulla rivista Brain un articolo. Le neuroscienze attuali hanno approfondito e apportato sviluppi, ma l’immagine, grottesca nell’eccessiva sproporzione, rende bene l’importanza che la manualità e la parola hanno nell’architettura funzionale della corteccia cerebrale. E quindi nello sviluppo – unico – del cervello umano.

Questi parti ingigantite dicono che sono loro ad attivare nel cervello reti più vaste e complesse: perché hanno un maggior numero di recettori (o densità d’innervazione) e quindi più neuroni dedicati al controllo. Ed ecco, allora, che noi possiamo godere della morbidezza di un tessuto, del piacere del gusto, della parola.

Non solo: il maggiore coinvolgimento dei sensi permette al cervello di mettere a punto movimenti delle mani più fini e accurati. Come è necessario nella scrittura a mano.

Infatti: premendo una penna sulla carta vengono attivati molti sensi, si affermava nella ricerca ricordata nel precedente Cantuccio. La studiosa van der Meer  precisava che «I movimenti delicati e controllati in modo preciso previsti dalla scrittura a mano contribuiscono all’attivazione di pattern cerebrali legati all’apprendimento; usando una tastiera, al contrario, non abbiamo trovato traccia dell’attivazione di questi schemi».

E io sottolineo ancora: “La scrittura a mano è un’abilità culturale complessa che coinvolge molte aree cerebrali e l’integrazione di abilità motorie e percettive”.

Prendete carta e penna. Il cervello resterà giovane.

Anna Rita Guaitoli

Casco in testa, scrittura a mano. E il suono della scrittura

Il casco (un vero e proprio elmetto spaziale, collegato a 250 sensori altamente sensibili a misurare l’attività cerebrale) è quello messo a 24 ragazzi e bambini dalla neuroscienziata olandese Audrye van der Meer della Norwegian University of Science and Technology.

La stessa aveva già fatto studi simili e il risultato, per chi segue questo tipo di ricerche, è lo stesso: si impara e si ricorda meglio usando carta e penna. L’esperimento (non recentissimo – 2020 – ma l’ultimo ad avere avuto risonanza) ha raccolto comunque numerosi dati la cui sintesi è in un articolo scritto dalla medesima scienziata: Solo tre dita scrivono, ma lavora tutto il cervello.

Già: “la tastiera richiede sempre lo stesso movimento, mentre con la scrittura a mano le dita devono compiere percorsi armoniosi, che sono utili in diversi modi”.

In questo studio anche il disegno viene riconosciuto attività complessa quanto la scrittura: entrambi riescono ad attivare gli “appigli” che creano contatti fra diverse parti del cervello permettendo di costruire gli schemi necessari per apprendere, codificare le informazioni, e poi creare.

Lo so: oggi che scrivere a mano sembra un gesto in via d’estinzione con i nostri giovani prigionieri dei loro smart-phone , gli occhi sempre più incollati sulla tastiera o alla ricerca frettolosa di qualche “faccetta”, … ricordarlo (magari agli adulti responsabili dell’educazione), sa da chiacchiera inutile di ‘grillo parlante’.

Ma poco me ne importa: in questo mio cantuccio sono libera. E posso così sottolineare della studiosa l’altra osservazione che amo: “premendo una penna sulla carta vengono attivati molti sensisi ascolta il suono della scrittura”.

Anna Rita Guaitoli