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CV a mano e… punto

Sempre alla ricerca di notizie che mi consolino, e, magari, stimolino riflessioni ai miei (cinque?) lettori, la piccola storia di un ragazzo argentino che non aveva i soldi per stampare il suo curriculum mi ha addirittura emozionato.

Già: la storia degna di un Andersen comincia con il ragazzo Carlo che lascia sul bancone di un bar quel foglio su cui, spinto da una cameriera di buon cuore, aveva scritto a mano il curriculum. E finisce con un incredibile successo: fotografato e messo su WatsApp dalla stessa volenterosa ragazza quel curriculum ha avuto 2 MILIONI di condivisioni. Ora Carlo lavora.

La riflessione, però, deve concentrarsi sul fatto che i curricula scritti a mano circolanti nel web sono diventati centinaia. A chi da anni di curricula si occupa, la notizia non sorprende. Davvero utile si è dimostrata l’analisi della scrittura a mano sia per il soggetto scrivente che vede valutati i suoi punti forti e allertato su quelli deboli, sia per il datore di lavoro che – rispetto alle specifiche delle qualità richieste per quel ruolo – può avere se non certezze (niente che riguardi l’uomo è certo) ma indicazioni di alto valore probabilistico, sì. E, comunque, il tracciato grafico permette un impatto emozionale immediato: come quando si stringe la mano a chi si va a conoscere.

Metto il punto, sperando che anche quei curricula sul web lo abbiano.

Da pochi mesi un linguista britannico, certo Mr. Crystal, ne ha in verità decretato la scomparsa: il fenomeno cominciato negli anni novanta, sarebbe ormai dilagante; anzi trionfante.

Ne è felice l’esimio studioso. Ma quella sobria pausa non sarebbe preferibile al proliferare dei punti esclamativi magari accoppiati con quelli interrogativi o sostituiti da esuberanti emoticon?

Anna Rita Guaitoli

Ebbene sì: “Mollate i social network”.

Dunque, ancora un grido per avvisare i ‘naviganti': ed è un avvertimento importante visto che a gridare è uno dei primi guru di Internet, Jaron Lanier, musicista, scrittore ma soprattutto ricercatore per quella che lui stesso ha chiamato “realtà virtuale”: e nel 2010 Time lo ha inserito tra i cento pensatori più influenti del nostro tempo.

Ecco una parte importante delle sue affermazioni (intervista a Repubblica, 11 agosto 2018; ma anche nel libro Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, Il Saggiatore, 2018): “Google e Facebook, insieme a Instagram, WhatsApp – cioè di nuovo Facebook –, Twitter e gli altri social, costituiscono l’impero della modificazione comportamentale di massa. Tirano fuori il peggio di te, spingendoti a manifestazioni d’odio di cui non ti pensavi neppure capace; ti ingannano con una popolarità puramente illusoria; ti spacciano dopamina a suon di like, intrappolandoti nella schiavitù della dipendenza (il grassetto, ovviamente, è mio).

Mamma mia: quale chiarezza di accuse. E di testimonianza, visto che Lanier lavora ancora nella ex mitica Sillicon Valley, e proprio per la Microsoft Research. Al di là di come lui viva il proprio conflitto di interessi, spero che proporre la sua riflessione nel mio cantuccio aiuti a.. riflettere.

Perché non si tratta di essere contro la tecnologia, di rinnegare la realtà della tecnica che tanto ha facilitato la vita. Via, pensiamoci con un po’ di buon senso: una fetta di torta rallegra la vita, una torta intera …

Dimenticavo: “cancella subito tutti i tuoi account social.

Anna Rita Guaitoli

E sia… la virgola.

Non ho saputo resistere. Vista la copertina, bellissima, (opportunamente commentata sul Venerdì di Repubblica, 8 giugno), non riesco ad evitare una ulteriore riflessione sull’importanza della punteggiatura. In effetti, in un vecchio cantuccio, parlavo della punteggiatura-pausache dovrebbe far capire come, e quanto, l’emozione sia elaborata.

Suggerivo la metafora musicale: ed ecco la pausaproposta nel pentagramma disegnato da Desideria Guicciardini. Si accompagna agli uccellini che qui fanno capolino: già, loro, gli uccellini, rispettano – lo avete letto? – nel canto e nel ‘dialogo’ pause e tempi dell’altro. Perché c’è anche questo, nella virgola (e nella punteggiatura): il rispetto del ritmo di ricezione dell’altro. Quei messaggi tutti senza punteggiatura (e quelle letture senza pausa o, peggio, con pause sbagliate) non rispettano l’altro.

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Soprattutto, è ovvio, le pause danno significato alla comunicazione. Ci sarà pure differenza di messaggio tra “Quando dormo con te,mi trovo meglio” e “Quando dormo,con te mi trovo meglio”: lì, si ‘semina’ un abbraccio; nell’altra, si ‘raccoglie’ un profitto personale.

Anna Rita Guaitoli

Il cartaceo ritorna!

Prima o poi questa notizia me l’aspettavo. O, in verità, la desideravo.

Intanto i dati: il 73% dei millenials statunitensi, tra i 18 e i 25 anni, legge almeno un periodico (magazine da loro) al mese. Di questo 73% solo il 4% utilizza le versioni digitali.

Insomma: preferiscono la carta! Tra i perché: sono più gratificati dal formato fisico delle riviste; l’esperienza ‘fisica’ della lettura è diversa; la qualità degli articoli è migliore.

Non basta: dalla ricerca dell’Università dell’Alabama che ha effettuato un sondaggio online coinvolgendo 266 universitari statunitensi tra i 18 e i 25 anni, di cui quasi l’80% donne, si comincia ad avvertire una insoddisfazione crescente per l’eccesso di informazioni vomitata da internet. I ragazzi intervistati hanno infatti dichiarato che si fidano maggiormente dei formati cartacei proprio perché la struttura più rigida permette una selezione di notizie.

D’accordo, la ricerca effettuata da Chris Roberts dell’Università dell’Alabama assieme alla giornalista Elizabeth Bonner (pubblicata dal Journal Of Magazine & New Media Research) ha un limite: è stata rivolta a studenti, quindi a gente che qualche abitudine alla lettura dovrebbe averla.

Però, via: le novità rispetto ai fratelli maggiori, e magari ai genitori, ci sono: serpeggia anche il desiderio (udite, udite) di svincolarsi dallo smartphone, percepito come un canale multimediale troppo dispersivo.

Non ci dispiace certo che siano attenti alla grafica, all’estetica delle copertine: è la “materia” che torna. Così non ci dispiace che i periodici più comprati riguardino settori specifici, che siano viaggi, storia, cultura, sport: tutto sommato, queste loro preferenze possono dare indicazioni e farsi progetti di lavoro.

Non sarebbe possibile, e non sarebbe forse giusto, che venga rifiutato in toto il mondo digitale, ritenuto comunque interessante perché accessibile ed interattivo. E’ il loro mondo.

Ci basta che siano preoccupati della scomparsa del cartaceo; che apprezzino le possibilità offerte dal cartaceo per uno svago diverso, per una evasione dalla routine giornaliera; che si siano accorti come gli schermi digitali siano più problematici da usare all’aperto: e quindi, della maggiore facilità d’uso dei giornali, da sfogliare ovunque si sia.

Benvenuti tra noi, millenials.

Anna Rita Guaitoli

Le scritture e la pubblicità

Dunque, le differenze. Si sono viste?

Non dovrebbe essere stato difficile cogliere come alla Bionda si siano concessi gesti indulgenti che recuperano modelli calligrafici: la r di “caro”, per esempio. La stessa r, nelle righe che appartengono alla Bruna, è costruita con angolo alla base e in stile più personale.

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Così, si differenziano le formazioni delle p: più vicina al modello, ancora, quella della Bionda, anche se il gesto che la forma è veloce e ben gestito. La Bruna indulge in atto di seduzione formando spesso morbide asole nella parte inferiore e, sempre, una specie di fiocco prima di arrivare all’altra lettera.

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Guardate poi i tagli delle t: a modo, controllati, a metà altezza, quelli della Bionda. Lanciati, ogni volta in modo diverso, quelli della Bruna.

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Tutta compostezza, allora, nella Bionda? Indipendenza e oppositività nella Bruna?

Opportunamente – siamo pure nel duemila inoltrato – la Bionda ha molti angoli (m, n) e molte lettere staccate: osserva, analizza e, al momento giusto, sa bene come difendersi.

E la Bruna, un po’ di femminilità più tranquilla la dovrà pure avere per non impaurire troppo i poveri maschi: le curve del gesto base sembrano rivelarlo.

Insomma: i creativi sono stati bravi. Le indicazioni sottese nell’immaginario maschile ci sono. E si affacciano le complessità proprie di ogni donna.

La pubblicità sa.

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Anna Rita Guaitoli

Scrittura e pubblicità

Mentre tanti, parlando della scrittura e della non scientificità della stessa, alzano, sospettosi e sarcastici, il nasino, chi capisce la forza del messaggio veicolato dalla grafia cerca di utilizzarlo. E chi, se non la pubblicità, ha interesse a trasmettere messaggi attraverso gli elementi di una immagine?

Oggi vorrei che chi entra per un po’ nel mio cantuccio fosse stimolato ad una partecipazione più diretta: presento perciò due pubblicità della Rinascente, apparse negli ultimissimi tempi in vari periodici.

Nella prima immagine lo sfondo è rosso e a dominare è una splendida giovane signora bruna, molto sexy con una scollatura che scopre abbondantemente il torace e arriva all’ombelico.

Dall’altra, lo sfondo è chiaro e a dominare la scena è una giovane signora bionda, una scollatura evidente ma quasi pudica (rispetto all’altra, intendo).

Nell’immaginario maschile mai domo, la bionda è più dolce, forse arrendevole; la bruna più aggressiva e passionale. Le mani della bruna, in effetti, sono posate sui fianchi, con un atteggiamento di sfida (?) o comunque di affermazione di sé, senza tentennamenti: e lo sguardo va dritto negli occhi di chi la guarda.

Le mani della bionda si avvicinano dolcemente l’una all’altra, mentre, il viso, di tre quarti, permette agli occhi uno sguardo enigmatico, ma non sfuggente.

Una pagina intera di grafismo corre sull’una e sull’altra: inchiostro bianco per la bruna, rosso per la bionda.

Sono uguali i due tracciati grafici? Su questo mi piacerebbe suscitare la vostra attenzione.

Ve ne offro poche righe. E giochiamo un po’ alle differenze, concentrandoci in particolare sulle prime due parole.

E, se le differenze ci sono, cosa vorranno indicare?

 

A tutti… Buon Natale.


a

 b

Anna Rita Guaitoli