Il segno scritto per dire ‘pace’

In tempi così drammatici, dove i bambini muoiono come formiche schiacciate da giganti senza occhi, nel cuore nasce solo una parola: “pace”. L’unico augurio possibile nel Natale 2016.

Ve lo rivolgo a modo mio. Ricordando la ricchezza simbolica dei segni di scrittura in alcuni alfabeti, tanto diversi dal nostro, dove significante e significato si congiungono nel segno tracciato sulla carta.

Prendiamo uno dei più conosciuti, l’ideogramma cinese. E scelgo, tra le diverse possibilità, l’ideogramma “an”: nel suo disegno stilizzato si riconosce sopra un tetto, e sotto il segno che indica la donna.

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Ecco: la casa e la donna portatrice di vita vanno a significare quell’aspetto della pace coniugabile con il significato di tranquillità. Una tranquillità che si può recuperare nella propria ‘tana’, laddove relazioni serene riescono a cullare ogni inquietudine: sostando così, per un po’, in un porto conosciuto, si riprenderà fiato, ci si rafforzerà.

C’è un altro alfabeto cui voglio fare riferimento. Appartiene a un popolo il cui diritto di pace è stato insanguinato da violenze di ogni genere che – ormai è ufficialmente riconosciuto – hanno determinato un vero genocidio.

Sto parlando del popolo armeno, popolo di antichissima civiltà che, nelle varie diaspore, ha cercato di mantenere la propria identità attraverso la conservazione e l’insegnamento dell’alfabeto.

Una collega colta e sensibile quale Enrica Baldi, ne ha dato recentemente una lettura grafologica approfondita e ricca di implicazioni. E così ha rilevato in un segno che è presente solo nell’alfabeto orientale della Repubblica Armena, una complessa simbologia della pace:

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Lo vado a descrivere usufruendo della sua analisi: nel taglio sul primo elemento verticale c’è “la volontà di avanzare per realizzare i propri obiettivi”; la ghirlanda dice della capacità di recepire gli “apporti esterni”; l’asta che dalla zona superiore sprofonda in quella inferiore impedendo il collegamento con la lettera seguente, è “un aperto invito a tenere a freno la propria volontà… affinché non diventi prevaricazione sull’altro”. E poi, appunto, ancora la ghirlanda a ribadire la necessità dell’accogliere.

Pace come tranquillità e pace come apertura all’altro, dunque. Il mio augurio.

Anna Rita Guaitoli