Bulimica come sono delle notizie riguardanti la scrittura a mano, mi sono inorgoglita per i recenti articoli che su questo convergevano: attori o scrittori che siano, fanno buon uso di taccuini o foglietti che siano. Anzi, ancora meglio: come il vecchio vinile, sta tornando di moda l’uso della carta (e della penna) anche tra i più giovani.
Il Finantial Times ha pubblicato (fine 2016) una inchiesta dal titolo “Millennials start the year with paper diaries and notebooks” da cui sembra che non si possa iniziare l’anno nuovo senza essere provvisti di un diario, o simile: purché di carta. E non importa quanto agende-taccuini-quaderni costino: beh, se i millenials (la variegata generazione post-X) sono in carriera, di certo possono acquistare l’agenda esclusiva della Cosmic, foderata di vitello verde, a 385 euro.
La pubblicità, intanto, invita a personalizzare i propri taccuini, o a utilizzarne di ‘ecologici’ con carta riciclata, o a sfruttare l’inventiva di designers ed artisti. Ben venga questa pubblicità se riesce a ricordare il fascino insostituibile della ‘materia’ (carta, penna, inchiostro) che permette alla mano di tracciare un segno, su quel foglio, unico e riconoscibile. Un segno che andrà a costruire un tracciato dal ritmo tutto individuale: come è individuale il ritmo del camminare, del pensare, del cuore.
Se togliamo il ritmo, la vita scompare. Tutto diventa piatto, senza spessore, senza movimento.
Facciamola danzare, insomma, la mano sulla carta. Come ad ognuno piace.
Anna Rita Guaitoli