Come si dirà “attento, piccolo”?

Ci saranno le giuste pause per non spaventare ancora di più il ‘piccolo’? Ci sarà l’intonazione giusta per far sentire al piccolo che non è solo?

Già: oltre a penna e carta, corre voce che per essere ‘moderni’ bisognerà perdere anche la voce (!) che ci sgrida severamente, o ci coccola con tenere parole.

Mi è arrivata (labvoce@gmail.com) notizia di come i colossi fabbricatori di “assistenti vocali”, stiano sviluppando sistemi che permetteranno alle macchine di dialogare anche con i bimbi. E’ già in fase avanzata di progettazione da parte della Mattel, grande produttore di bambole, una Tata-Robot. Un ‘navigatore’ anche per i piccoli?

Dimenticavo: la Mattel ha pensato anche al nome: Aristotele. Potrebbe essere interessante riflettere sulla scelta di un filosofo; ma anche sul perché di un nome maschile. Nostalgia del ‘padre’ che consegna la legge? Paura della crescente maternizzazione della famiglia moderna?

Via, non mi va più di scherzare. So bene, occupandomi tanto di scrittura, come la voce, per intensità del tono e qualità del timbro, sia individuale, immediatamente riconoscibile: proprio come un tracciato grafico (non sono stati poche, del resto, le ricerche sul rapporto scrittura-voce).

Comunque, da quando l’uomo ha specializzato ugola e corde vocali avviando la corsa nella scala evolutiva, ha fatto della modulazione della voce lo strumento primo per esprimere sentimenti, per comunicare situazioni, per coinvolgere chi ascolta.

Intanto, altre domande: scomparirà anche quel ‘mammese’ (Stai attento attento, piccolino…), considerato “dinamite per lo sviluppo del linguaggio”? Basteranno le sole parole delle ‘ninnenanne’ per calmare i cuccioli d’uomo? Non saremo, tutti, un po’ più poveri dei colori delle emozioni?

Anna Rita Guaitoli