Un museo, addirittura, per noi. O meglio: per chi sa l’importanza del segno che si fa simbolo per trasportare il mondo complesso dell’uomo.
Il progetto di questo museo alla periferia di Torino – già ne parlavo nel n. 17 per quanto riguarda la storia dell’Aurora, la mitica penna che deve il suo nome a D’Annunzio – è un vero omaggio alla cultura della scrittura. Nei suoi 2.500 metri quadri di esposizione si seguono i più vari aspetti del segno: c’è la sua storia (pittogrammi, stili, calami, papiro…); c’è il suo presente (l’Ipad); ci sono gli oggetti, vere conquiste della tecnica: le penne Aurora, ovviamente (ma l’Aurora vive ancora, anzi è oggetto di culto); la mitica macchina da scrivere Remington (questa, oramai, solo mitica)…
Certo, per me, dire ‘segno’ vuol dire, soprattutto, scrittura. Nel mondo del virtuale, della rete, si pensa sempre di meno a quanto la scrittura sia legata alla grande Storia dell’uomo: anzi, nella Storia si è entrati proprio nel momento in cui la scrittura è stata inventata.
Io rubo ogni occasione per tornare a riflettere sull’importanza di quei venti caratteruzzi che con i vari accozzamenti sopra una carta permettono di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo; permettono di parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e diecimila anni. Le parole in corsivo blu sono state scritte nel 1632, da Galilei. Cosa dire di più.
Chi ha ideato questo museo, ha fatto. Ha organizzato percorsi che permettono di passare dalla storia al presente; ha ideato laboratori per “Fare segno”, e così ‘usare’ le mani, e ritrovare la materialità delle penne, dei colori, della bella scrittura: la ‘calligrafia’, come si diceva una volta. E si rinnova la nostalgia di bello, oggi, in epoca di ben poco ‘belle’ scritture.
Anna Rita Guaitoli