L’oro, l’argento, i gioielli recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante.
Non è mia la frase. Ma le parole sono come se fossero mie. Ai ripetitori seriali di frasi senza contesto né riferimenti, regalo le indicazioni: lettera (III, 18) delle Familiares scritta da Petrarca a un suo amico esortandolo a trovargli i libri di cui aveva fame insaziabile.
Una “medicina per l’anima” il libro. Così si racconta fosse scritto sulla porta della biblioteca di Tebe: quella in Egitto. La Biblioteca sarà doverosamente distrutta dal conquistatore che, lui è certo, si chiama Akhenaton e nel 1358 a.C. pensò bene di introdurre il monoteismo annientando la storia religiosa, e la cultura, esistente.
Tra storia, letteratura, leggenda: ecco il percorso della riflessione di questo ‘cantuccio’ per riconoscere che quando l’anima è ferita deve trovare forza là dove vivono parole che sono in noi, ma non sono di noi. “Discorrendo con noi”, i libri che teniamo tra le mani, che sottolineiamo per far nostre quelle frasi in cui ci si rispecchia, regalano parole che consolano come carezze; o parole che incuriosiscono risvegliando la mente; o parole che aiutano la conoscenza, fosse pure del dolore che vive dentro.
Un percorso duro, da affrontare in solitudine. L’unico strumento da utilizzare è il libro: quello con le pagine di carta che possono essere bagnate dalle lacrime o partecipate con le ‘orecchiette’.
E sarà allora possibile affrontare il viaggio difficile che può ri-portare alla vita.
“Nessun vascello c’è che come un libro possa portarci in contrade lontane…”.
Lo scriveva Emily Dickinson in una lettera del 1873.
Che ci sia di speranza.
Anna Rita Guaitoli