Quasi un grido: di avvertimento? Di paura? Forse solo un ‘mezzucccio’ per portare l’attenzione sulla …attenzione.
Un bel libro di Lisa Iotti per il Saggiatore porta questo argomento all’attenzione (lo so: è troppo facile) di tutti. Al di là del piacere della lettura, il libro ci fa toccare con mano una realtà che chi, dovendo fornire informazioni e formazioni, lo vive, in modo bruciante, nelle lezioni, nelle conferenze, nei webinar, fatti tramite internet.
Si dice nel libro – e qui vi prego di fare …attenzione – che oggi il “tempo di attenzione” sia minore di otto secondi (Otto secondi è il titolo): ci batte il pesce rosso che resiste per nove secondi.
Non è mai abbastanza riflettere (finché ne saremo capaci), sulla rivoluzione culturale in atto: ci offre indubbi vantaggi che non è opportuno contestare. La mole di dati e di stimoli sta però anche modificando il nostro approccio cognitivo. Si parla addirittura di una diminuzione della capacità intellettiva: ci sono studi che – confrontando i tempi di reazione ad uno stimolo – hanno dimostrato la perdita di 14 punti del quoziente intellettivo negli ultimi 10 anni.
Mi spaventa, soprattutto, il rischio di disimparare a pensare. Perché, per pensare, ci vuole tempo. Ci vuole attenzione alle parole, ai passaggi di argomentazione, ai riferimenti. L’attenzione, ci insegnano, è un processo cognitivo complesso (superiore, si qualifica nei libri di testo) che permette di selezionare tra gli stimoli offerti: ci permette, insomma, di scegliere. E questa è la caratteristica che ci rende umani.
“[…] Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti scelto …”. Era la fine del 1400, e scriveva così Pico della Mirandola.
Anna Rita Guaitoli