Ricordati di vivere

Stavo scrivendo su questi giovani ingabbiati in una continua prestazione tutta definita al presente, quando un caro amico mi ha mandato una riflessione dello scrittore – che sa parlare di amore come del coraggio di accettare la propria fragilità – Alessandro D’Avenia.

Un bell’articolo che ha dato luce ai miei pensieri: vi si ricorda il neuroscienziato Damasio e l’importanza delle emozioni; vi si sottolinea come l’eccitazione determinata dal consumismo che pretende continue performance, crei “ebbrezza” e, poi, una dipendenza che troppo somiglia a quella della droga.

L’articolo ha, soprattutto, rafforzato la mia preoccupazione per quelle emozioni legate ad una esibizione di sé attraverso bellezza e simpatia: effimere esposizioni che rischiano di far trovare troppi giovani impantanati in un tempo senza futuro, schiacciati da sentimenti di inadeguatezza.

Riporto il consiglio dello scrittore, leggermente adattandolo: prendere una mezz’ora al giorno (di prima mattina, o – aggiungo – alla sera) per una riflessione che permetta di collegare ciò che è già passato con quello che potrà essere. Un tempo si chiamava meditazione.

In effetti, nel virtuoso circuito della conoscenza, D’Avenia riporta il suggerimento di Etty Hillesum, ragazza ebrea morta nei campi di concentramento: “una mezz’ora di meditazione può creare una base di serenità e concentrazione per tutto il giorno. Non è però una cosa semplice… bisogna impararla”. Etty lo ha fatto, e lo ha scritto nei suoi diari.

Il caro vecchio diario: così intimo che lo si chiudeva in un cassetto per non farlo trovare. Quello che raccontava le vicende del giorno, ma si apriva alle speranze del futuro.

Perché non favorire, magari cominciando dalla scuola, qualcosa di simile a un diario? Lontano dal chiacchiericcio dei social, la parola scritta, con la sua capacità di mettere in collegamento le diverse aeree cerebrali, permette di analizzare le proprie esperienze, di esprimere le proprie emozioni: anche le più negative (paura, rabbia…), e senza paura di giudizi, della mancanza del “mi piace”.

Quel ritorno di te in te, forse, può davvero aiutare ad uscire dalla gabbia del presente. E… ricordarti di vivere.

Anna Rita Guaitoli