La stampa ha appena lanciato l’allarme per la virgola. Nei concitati messaggi pubblicitari, messaggini, ‘twitterate’, in verità, non è solo la virgola la vittima disegnata. Tutta la punteggiatura sta morendo.
Ed ecco che un opportuno commento di Stefano Bartezzaghi (La Repubblica, 9 febbraio) porta alla ribalta la mancata espressività che quella assenza comporta.
In senso più generale, in effetti, è l’emozione che viene meno. O meglio: l’emozione, quella che si accompagna a veloci stati di animo, per esprimersi ha, oggi, la “faccetta”, anche tante “faccette”.
Ma solo una virgola, o un punto e virgola, o i due punti, possono dare la pausa che fa capire come, e quanto, l’emozione sia elaborata. Così in uno spartito musicale, è la pausa dalla varia durata (o nel tracciato grafico, il bianco tra parole), a segnare il tempo del pensiero che, accompagnando “il palpito del cuore”, chiede una sospensione, un respiro da trattenere, un attimo di silenzio. Per fare diventare quell’emozione un sentimento.