La curiosità corre sul… foglietto

Appena apparsi sui media i foglietti con le scritture di Renzi e Di Maio si sono rincorse le richieste di analisi grafologiche.

Un bene, certo. Intanto, perché la curiosità vuole il suo spazio. Poi, perché, dietro alla curiosità, si apre una vasta area in cui emerge, nonostante troppi scetticismi ufficiali, la consapevolezza che il tracciato grafico, qualcosa, dovrà pur dire.

Per i grafologi, però, si rinnovano due problemi: cosa-quanto davvero si può dire. Come si deve dire.

Il come, appartiene ad una problematica più generale: la considerazione, che deve essere attenta e rispettosa, del destinatario dell’analisi. E’ difficoltà che, nella didattica, si cerca di affrontare dalle prime lezioni: perché ogni essere umano ha una sua soglia di sensibilità che non deve essere offesa. E, chissà, quella persona, ha una parte di sé che, seppure conosciuta, non vuole sia rivelata. O forse non la conosce: ma non volendo conoscerla, ha organizzato delle belle difese per occultarla.

Il cosa e il quanto si fa problema pressante soprattutto per le analisi dei Noti, ancor più se contemporanei. Si sono occupati del pericolo insito in tali analisi, tutti i maestri grafologi. Sintetizzo con uno degli ultimi grandi, Gille Maisani: il rischio in cui più si può incorrere è quello della “suggestione”, che porta a vedere ciò che si sa, o ciò che si vuole vedere, spesso anche in rapporto alla propria posizione ideologica.

E allora, guardiamo pure queste scritture postadolescenziali: magari notiamo la diversa energia del tratto; le troppe sopraelevate e gli angoli di uno; e le troppe lettere infantili e cascanti dell’altro. Grafologi esperti sapranno sicuramente trovare, dalle varie caratteristiche grafiche, i tratti dominanti le singole personalità.

Ma non cerchiamo in quei foglietti vergati in fretta, di cui non vediamo tutte le qualità del tratto, troppe verità.

Consideriamoli quelli che sono: tracce di sé, su cui curiosare, e, perché no, intessere un sano, socializzato, pettegolezzo.