Il corsivo per creare. E riflettere

Novecento pagine. A mano. In corsivo. Lo confessa in interviste date per pubblicizzare il terzo romanzo, Il cardellino (Rizzoli), Donna Tartt, la scrittrice ormai famosa, Premio Pulitzer per la narrativa. Le sue parole (prendo appunti su appunti e riscrivo a mano l’intero libro parecchie volte….) passano attraverso i media: ripetute come un mantra, sembrano suscitare una curiosità mista di sorpresa. In corsivo? Oggi? E il computer, una della classe 1963, dove lo lascia?

Non lo lascia. Lo usa, come si deve fare: “poi trasferisco tutto sul computer, digito io e via via correggo, inserisco altre cose, modifico…”.

Prima, però: la scelta dei taccuini. Una ‘cosa’ preziosa di carta: “taccuini che scelgo con particolare attenzione. Ne ho delle vere pile…”. Li conserva in una stanza, “dove non faccio entrare nessuno, neanche la donna delle pulizie”. Lì, come in un tempio, si raccoglie per le riflessioni finali: “E per tutto quel periodo sto isolata in una stanza. È la stanza del manoscritto”.

Le affermazioni della schiva, un po’ misteriosa, scrittrice americana, un libro ogni dieci anni, e fatto a mano, riaffermano il valore della lentezza nella stesura di una opera e, insieme, sono un vero regalo per chi sa quanto il corsivo permetta di aiutare la memoria, la riflessione: quel legame tra le lettere è come un filo sottile che collegando i punti nodali della rete mentale, attiva varie competenze intellettive. Recentemente, due studiosi (P.A.Mueller, Princeton University, Psychology Department; D. M. Oppenheimer, University of California, Los Angeles) hanno ancora una volta dimostrato i vantaggi della scrittura a mano con una ricerca che ha permesso di identificare come così si ottimizzino i processi di riflessione, di migliore comprensione, di memoria. Insomma, The Pen Is Mightier Than the Keyboard Advantages of Longhand Over Laptop Note Taking (La penna è più potente della tastiera. I vantaggi della scrittura rispetto agli appunti sul tablet).

Ciò che dice la Tartt, e soprattutto ciò che fa, sono regalo anche per chi crede nel silenzioso racconto che passa per il tracciato. Le lettere legate fra loro, corrono a disegnare parole che veicolano, oltre che pensieri, emozioni. Scorre, quel filo, (in fin dei conti “corsivo”, che viene dal latino currere, significa appunto questo), con più o meno fluidità, con più o meno pressione, con più o meno destrezza: e proprio nell’incepparsi, nell’appesantirsi in ingorghi, nel cedere sul rigo, permette a chi scrive di dire sofferenze, paure, ricordi che fanno tremare dentro. Tutto quello che non sa dire con le parole.

Anna Rita Guaitoli