Non solo carta e penna… ma corsivo

Inizio la mia breve riflessione in un modo un po’ contorto. Parto dalla parola tedesca Schadenfreude: formata da Schaden (danno) e Freude (gioia) indica il piacere che si prova di fronte alle sventure che capitano agli altri.

Ora ditemi come sia possibile con le famose faccette descrivere questa emozione. Ché è una emozione complessa, per la cui descrizione occorrono più parole: c’è insoddisfazione di sé, risentimento, paura del confronto, rivendicazione, non-empatia. Invidia, ma non solo.

La conseguenza sillogistica del ragionamento dovrebbe portare all’affermazione che nella scrittura in corsivo si possa rilevare la Schadenfreude. Non è così, ovviamente. Ma che nella scrittura corsiva si possano evidenziare le emozioni e le complesse dinamiche che ad esse si innestano, sì. Se c’è una necessità, oggi, per i giovani, è dare spazio alle loro VERE emozioni. Non quelle che aggiornano sui social ogni giorno, dove bisogna apparire al meglio, o al peggio: comunque in una esibizione che susciti interesse (e il ‘mi piace’).

Prendiamo questo grafismo con forme contorte e curve, larghezze e strettezze, un tratto forte che si rivela spasmodico nell’appoggio e nella conduzione: sarà di certo espressione di confusione e voglia di esserci, di insicurezza e desiderio di fare, di una immagine di sé turbata, di un adattamento non facile per difficoltà di comprensione e interazione. Se poi, il corsivo contraddittorio e aspro del ragazzo diciottenne – che di certo dimostra come chi scrive sia agito da diverse tensioni – possa rivelare il sentimento complesso della Schadenfreude. …. perché no.

Senza titolo1

 Anna Rita Guaitoli