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Identità come memoria. Identità come integrazione. Conoscere per sostenere.

E’ nel senso comune pensare la propria identità come il riconoscersi distinguibile da qualsiasi altro.

 […] L’identità personale deve intendersi come una costruzione dinamica capace di integrare dati costituzionali, bisogni, capacità acquisite e attitudini, il vissuto legato alle prime relazioni e poi alle successive. Sarà bene ricordare quanto molte delle difficoltà che saranno proprie anche degli adulti si giocano all’interno di questo percorso. Non è un caso, non può esserlo, che oggi il problema più frequente risulti proprio il “problema di identità”. […]

Perché il tutto si ricomponga come realtà unica e continua occorre la memoria, strumento principe con cui attuare il senso di coerenza e quello di stabilità, entrambi indispensabili per affrontare i cambiamenti imposti dall’esistenza.

Se questo è vero come discorso generale, ci si dovrà pure domandare quanto tutto ciò costerà, in fatica e sofferenza, per quel non più bambino che dovrà organizzare i tanti pezzetti di sé in un momento in cui il suo corpo non è quello che conosceva ieri […].

La domanda, poi, diventerà più delicata nei confronti dei giovani immigrati che per la riorganizzazione dei “pezzi” di sé devono confrontarsi con modelli di una identità collettiva, ben diversa da quella di partenza. […]

Seppure la identificazione primaria all’interno della famiglia rimane fondamentale, mi piace pensare ad una stratificazione di identificazioni in cui di volta in volta adulti che diventano significativi possono creare quello scarto che permette di acquisire la complessa configurazione che chiamiamo identità.

Nella scuola, la sensibilità di molti docenti ha colto quanto sia importante la relazione educativa: e su questa base si è verificato come il docente, magari supportato da esperti, può davvero diventare adulto di riferimento […].

Certo, non c’è relazione, non c’è aiuto, se non c’è conoscenza. Strumento decisamente utile a questo fine si è ormai dimostrata la grafologia. Parafrasando il titolo di un mio libro, ascoltando il segno, nell’analisi del tracciato, dei segnali di allarme, del potenziale energetico espresso dal tratto e dal movimento, si riesce ad entrare in comunicazione con chi cresce, ma senza invasione, senza falsificazioni: in punta di piedi, per rispettarli.

Come per le altre scienze umane, non sarà possibile che venga rivelata la personalità intera: ma che da quel prodotto unico e subito “individuale”, si possano conoscere molte delle qualità dell’intelligenza, molto sul livello dello sviluppo affettivo-emotivo (autostima, modalità di adattamento, capacità relazionali), questo sì. Peraltro, verificabile nel tempo, l’analisi del segno grafico permette di seguire l’evoluzione dello sviluppo. […]

Comprendere chi cresce per quello che egli veramente è, con le sue paure e le sue potenzialità: ecco la base conoscitiva imprescindibile per avviare una strategia che possa sostenere un vero progetto di integrazione per una scuola che sa interrogarsi e proporre. […]

Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione al Seminario di studio patrocinato dalla Provincia di Roma “Comunicare per integrare” (Nettuno, 16 maggio 2006)

Compagni di banco

L’impervio percorso che porta, lungo il corso della vita intera, allo sviluppo dell’identità personale attraversa necessariamente – secondo la visione, ottimistica ma non semplicistica, di Erikson- la crisi di identità propria dell’adolescenza […].

L’importanza delle relazioni per la costituzione della personalità, in una visione dinamica, è indubbia. […] Oggi, poi, è venuto a indebolirsi, grazie, in particolare, alle continue scoperte della neurobiologia, il determinismo implicito nell’importanza esclusiva assegnata, per lo sviluppo psichico, alle prime esperienze con gli adulti. Senza annullare il peso del vissuto, la certezza scientifica di una grande plasticità cerebrale […] ha di fatto rafforzato l’importanza di tutte le relazioni […].

Qui, […] cerchiamo di focalizzare l’attenzione verso un particolare “altro”: il compagno di banco.

Cominciamo a visualizzare il banco come il più piccolo degli ambienti possibili: diventa così un territorio in cui si realizza una particolare relazione diadica, […] che potrà essere o di opposizione, o di imitazione, o di adattamento. […]

Comunque, il processo alla base di tutti i “rapporti di banco” è l’identificazione, che, a partire da Freud, costituisce la chiave di volta nella formazione di un individuo: prima i genitori, poi nella fase di socializzazione, e soprattutto dell’adolescenza, i nuovi incontri, vengono fatti oggetto del proprio investimento libidinale. […].

Il “banco” è più che mai, allora, spazio simbolico in cui, sulla base della scelta spesso senza spiegazioni, si realizza un particolare sistema di comunicazione. […].

E, per noi, ovviamente, il mezzo per indagare queste relazioni silenziose sarà la scrittura. Il gesto in movimento lasciato sulla carta a parlare dell’individuo nella sua complessità […] è, ancora una volta, espressione privilegiata della comunicazione non verbale. […]

Nella prima area identificata per ipotesi di lavoro, è prevalente una dimensione di opposizione in cui hanno gioco, sulla stessa base di un sentimento di insufficienza, problematiche di dominanza e dipendenza. […]

In questo caso, chi ha scelto l’altro per esprimere un atteggiamento di dominanza, ha operato una scelta narcisistica che dovrebbe riuscire a compensare ferite di base: la scelta espressiva prevalente sarà una grafia con forte accentuazione della zona dell’Io, accompagnata da un cattivo movimento che riporta la difficoltà di contenimento delle pulsioni.

L’altro, che ha scelto chi lo domina per negare i propri problemi, magari proiettando le aspirazioni su chi gli appare forte, dimostrerà nella fragilità della costruzione la difficoltà a compensare. […]

 La coppia A (Fig. 1a, 1b), due ragazze di terza media, è davvero esemplificativa dell’ipotesi di base.

compagni 1

Fig. 1a) La grafia di A1 sembra voler prendere tutto e tutti. Il suo esibizionismo non è solo grafico e tenta (qui gonfiandosi, anellandosi, crescendo) palese compensazione di gravi ferite. […]

compagni 2

Fig. 1b) A2 presenta una struttura grafica, e narcisistica, assai più permeabile: il tratto pastoso, in questo contesto segnato da disarmonie, da fluttuazioni, con troppe addossate ed ovalizzate, è ulteriore segno di fragilità e, appunto, di influenzabilità.

 […]

Anna Rita Guaitoli (Dall’articolo pubblicato sulla Rivista “Grafologia e sue applicazioni”, n.15, 2001)

Identità come processo. Tappa a rischio: l’adolescenza.

Avere voluto nel titolo il termine processo è per dare indicazione forte di come il percorso che porta alla identità sia articolato, graduale, ma soprattutto discontinuo. […]

In effetti, pur senza volere entrare in discussioni che sfiorano la filosofia […] l’identità personale deve considerarsi una costruzione dinamica che si realizza attraverso le tante relazioni […] che dovranno ricomporsi come uniche e continue.

La memoria, allora, come ci insegnava Erikson, diventa lo strumento principe con cui attuare il senso di coerenza e quello di stabilità […]. Gravi sono gli effetti di eventuali insufficienze in questa costruzione: confusione e dispersione dell’identità li chiamava lo psicoanalista tedesco-americano. […] Non è un caso, non può esserlo, che oggi, con le trasformazioni in atto che hanno tolto molti dei punti di ancoraggio, il problema più frequente risulti proprio il “problema di identità”.

Molte delle difficoltà che saranno proprie anche degli adulti si giocano all’interno di questo percorso identitario. […]

Personalmente, amo individuare nel percorso tre momenti principali: acquisizione della fiducia […], spinta alla scoperta del mondo […], integrazione delle esperienze […].

Due sono le problematiche grafologiche relative all’adolescenza che in questi anni si sono imposte alla mia attenzione: la forte ambivalenza, […]; l’uso sempre più massiccio dello script […].

Un esempio capace di esplicitare la tortuosità del percorso che porta a riconoscerci per farci poi accettare dagli altri, è la piccola storia di questa ragazza.

La scrittura dei 16 anni ci permette di constatare nelle oscillazioni degli assi (in particolare in zona media) la ambivalenza di base di tipo affettivo […]. Il gesto dal tratto sottile e leggerissimo […] va a rivelare la scarsa fiducia in sé[…].

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Le sue potenzialità per una diversa, e attiva, partecipazione sulla base di una ambivalenza arricchente, trovano una conferma nelle prove grafiche, in particolare in quella (test) dell’albero. Nelle interazioni tra i tre alberi si esprime […] però sia una curiosità inquieta […]; sia la difficoltà alla ricomposizione dei diversi “pezzetti” del proprio vissuto, bene raccontata, in particolare, nel livello fabulatorio del terzo albero.

La ragazza sta affrontando una crisi di crescita piuttosto grave, tanto da richiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta che (bontà sua) ha voluto l’analisi del segno grafico. […]

Due anni dopo la ragazza adotta il modello script […].

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Rimangono, in questo grande misto-script rovesciato, dai margini alterni sulla sinistra e con le incertezze di tratto, le difficoltà al contenimento emotivo. Ma proprio il tratto, nutrito e appoggiato, rende evidente la capacità di nuova affermazione di sé […].
A conferma di come sia stata raggiunta una tappa importante, nella nuova versione della prova grafica detta “Persona sotto la pioggia” la ragazza ha sottolineato, verbalizzandola, la presenza del proprio sé. […]

Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione al convegno “La maschera e il volto(Trieste, 8 maggio 2006), poi apparsa su “Rassegna di studi grafologici”, n.3 2007