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Scarabocchio e leader

Nell’ambito della ricerca portata avanti dall’Istituto dell’età evolutiva di Urbino sul rapporto tra scarabocchio disegno scrittura, ci si è occupati di bambini dell’asilo nido. Nelle schede organizzate da Silvio Lena le insegnanti dovevano indicare anche la capacità di leaderschip (leader; poco dominante; gregario o sottomesso erano le voci specifiche).

Su 66 bambini (con età tra 18 mesi e 3 anni e 8 mesi) da me esaminati solo 17 hanno avuto la qualifica di leader: 7 maschi e 10 femmine tra i 26 mesi e 3 anni/7 mesi.

Ma come può un bambino dell’asilo nido essere leader? Quale ne è la percezione dell’insegnante? Quale, soprattutto, la rispondenza grafica? Troppo piccolo il campione per dare risposte significative. Deve quindi considerarsi, questa ricerca, come punto di partenza per una indagine che potrebbe essere davvero interessante.

Se nelle definizioni più comuni il leader é chi sa imporre le proprie scelte motivando gli altri a seguirlo, sulla leadership ci sono numerosi studi che ne hanno portato a definire stili diversi e, anche se per lo più le ricerche hanno dimostrato che non esistono tratti psicologici comuni né comportamenti che ne garantiscano efficacia, riteniamo di un certo interesse, nell’ambito delle nostre indagini, le categorizzazioni di K. Lewin che vanno a definire una leadership permissiva, basata su una dominanza di gentilezza, e una autoritaria su dominanza di aggressività.

Per quanto riguarda l’età evolutiva, pur sapendo bene quanto i rapporti del bambino con i coetanei forniscano un contributo importante anche ai fini dello sviluppo fin dall’età precoce, poche sono state le ricerche in questo senso […]

Le valutazioni delle insegnanti sono state compatte a indicare una non rilevabilità dell’ansia (per 13 bambini non percepibile, per 4 “poca” presenza); una decisa sicurezza (7 bambini “molto” sicuri, 9 “abbastanza”) con una notevole capacità di decisione (6 bambini “molto” decisi, 11 “abbastanza”); “per nulla” inibiti, del resto, si sono dimostrati 13 bambini, “un pò” 3 di loro; interessanti i dati sull’emotività, “poca” per 7 bambini, “abbastanza” per 10. Proprio partendo da questa voce possiamo sottolineare, quasi una controprova, la assoluta mancanza di emotività elevata, così come lo era di ansia; totale assenza di indecisione e un solo caso di insicurezza; ma anche una forte presenza di valori medi per la riflessione, con un solo giudizio di “irriflessivo” e nessun “molto riflessivo”: evidentemente […]

Seppure, dunque, su un campo di indagini esiguo, l’analisi grafologica, anche di prove eseguite da bimbi tanto piccoli, sembra confermare la sua utilità per integrare l’osservazione diretta e il resoconto degli insegnanti […] seppure non elementi di giudizio vengono dall’analisi grafologica, ma suggerimenti per un controllo longitudinale […]

 

Anna Rita Guaitoli – Dall’articolo pubblicato nella rivista “Scrittura” n. 132

Carta e matita

La produzione carta-matita è, più volte l’ho affermato, un dono. Che bisogna raccogliere. Con consapevolezza.

Intanto, ricordiamo che il linguaggio figurativo appartiene alla storia dell’uomo: si è concretizzato, infatti, da almeno 40-35 mila anni fa presso le comunità di popoli cacciatori raccoglitori all’interno di gruppi europei di Homo sapiens.

E’, dunque, un linguaggio: quindi ci sono dei codici che permettono di entrare in questo sistema linguistico non verbale caratterizzato da variabilità di tecnica produttiva (pittura, incisione, matita, colori, ecc…). Il disegno è, comunque, sistema articolato collegabile a quello dell’arte umana: per la sua complessità può, e secondo me deve, essere indagato con un approccio multidisciplinare che non escluda conoscenze di letteratura, di simbologia, di antropologia.

A noi grafologi, di pertinenza, evitando le scappatoie facili di chi trova risposta negli “schemini”, spetterà di indagare l’aspetto propriamente linguistico del segno.

Sarà bene ricordare, ancora, che il disegno è collegato allo sviluppo delle abilità percettivo-motorie: ci saranno perciò da rispettare delle tappe che non possono essere del tutto saltate. La conoscenza di queste fasi può essere utile se viene separata da criteri assolutistici, quale quello di attribuire a seconda degli elementi presenti il grado di intelligenza. […]

Al di là di una storicizzazione di queste teorie, che pure sarebbe necessaria, si dovrebbe comunque fare attenzione a non rimanere schiavi delle tappe (o “stadi”, se pensiamo a Piaget). Intanto perché in ambienti sociali favorevoli sarà più facile trovare delle anticipazioni dello sviluppo delle fasi teorizzate. Poi, è anche vero che si possono vedere regressioni […]

Per accogliere quei pezzi di realtà che sono comunicati nel disegno occorre impostare un protocollo serio sul processo dell’analisi e sui livelli interpretativi.

Quale premessa: nella speranza di evitare altre confusioni (e discussioni con i ‘cugini’ psicologi), non parleremo, per quanto ci riguarda, di test proiettivi e/o di test di personalità.

Parleremo invece di prove grafiche riferendoci specificatamente a quelle che utilizzano carta e matita e che si basano sul simbolismo del grafismo, da considerare secondo le indicazioni date in precedenza.

In generale, sono prove che cercheremo di intendere come tecniche di indagine complementari all’analisi della scrittura. Senza però dimenticare che anche quando la scrittura non è ancora comparsa i disegni possono essere mezzo di narrazione di proprie difficoltà, di emozioni, di desideri: un grande aiuto anche per il grafologo specializzato in età evolutiva.

Del resto, è a partire dagli anni ’40 che il disegno è stato utilizzato come possibile rivelatore della dimensione emotiva, soprattutto infantile. Prendendo spunto dalle teorie di S. Freud, […]sono stati ideati numerosi “test proiettivi”: molti hanno per oggetto la rappresentazione di sé in relazione ad altri personaggi (quali il disegno della famiglia di Corman, il disegno della famiglia cinetica K-F-D di Burns e Kaufmann); altri test prendono in esame oggetti che possono essere interpretati come proiezione del sé (quali il test dell’albero di Koch, o il test della casa di Minkowska).

Per quanto ci riguarda, nella speranza di evitare le risposte da ricettario (la strega = mamma cattiva; senza ombrello = senza difese….), si comincerà ad analizzare gli aspetti che “vediamo”: chiedendoci, per esempio, COME ha disegnato la strega; COME è il tratto che costruisce la scena della pioggia…

Sono convinta poi, che altre risposte saranno possibili grazie al paziente lavoro di analisi e sintesi e correlazione sui diversi indici. E sono convinta che questa “fatica” ci permetterà più facilmente di incontrare chi porta avanti la “fatica” di crescere[1].

Voglio però ancora ribadire quanto possa essere estremamente pericoloso (per il soggetto dell’analisi, come per la grafologia) l’uso delle sintesi di sintesi di manualetti che andrà a somigliare – lo faccio dire al grande studioso di disegni (e psichiatra e psicoanalista) Widlocher – “a un linguaggio cabalistico”. Lo stesso studioso aggiunge: “Il disegno, così come il sogno, non può essere interpretato fuori del suo contesto”.

Sintesi delle dispense organizzate per i corsi di grafoterapia e per i seminari di approfondimento sul disegno infantile tenuti all’Arigraf.


[1] Anna Rita Guaitoli, Per incontrare Alice, Il Giardino di Adone, n.2, 2003

Tra segno e disegno: come si cresce nella famiglia. Di oggi

Che la famiglia sia cambiata è sotto gli occhi di tutti. Quanto? E vale ancora, nell’immaginario di adolescenti (e non) il modello simbolico tradizionale, quello con il padre forte che ti fa roteare in aria e ti dice dei “no”, con la madre tenera che abbraccia il figlio e cucina, racconta, stira per lui?

Gli studi sociologici più aggiornati parlano, in verità di una proliferazione dei “modelli” di famiglia all’interno di un cambiamento epocale. Non sta a noi fare qui una trattazione completa della problematica. Però, per non cadere nel solito simpatico, ma banale, chiacchiericcio da bar, sarà bene prendere atto di alcuni dati statistici. Forse, o certo, non saranno dei numeri a rappresentare da soli la realtà complessa di quel sistema sociale che è la famiglia in forzata interazione con la società tutta: i dati statistici aiutano però a dare confini più precisi a un fenomeno che altrimenti rischia di perdersi nel resoconto quotidiano.

Per esempio, a proposito del ‘modello’ standard di cui all’inizio, nella più recente indagine del Censis (La crisi della sovranità) le famiglie costituite da coppia con figli sono (solo) il 35,8%. Il primo cambiamento, dunque, ci impone la riflessione su una “famiglia al plurale”: così considerando le sperimentazioni delle modalità di composizione le più diverse, non escluse, ormai, quelle omosessuali.

Approfondendo poi la struttura della/delle famiglie attraverso i dati ufficiali (Istat e Censis), si avverte un generale indebolimento strutturale della famiglia ‘tradizionale’ […]

Allora: i dati statistici, le riflessioni sociologiche, la ricerca psicologica, ci stanno raccontando come la famiglia abbia vissuto una rivoluzione antropologica che l’ha trasformata profondamente facendo della famiglia “modello mulino bianco” uno sbiadito ricordo.

Vediamo ora che cosa ci può dire la grafologia.

[…]

L’analisi da me condotta su 420 scritture, per quanto sia limitata nella dimensione sociale e geografica, mi ha permesso di identificare due modelli di scrittura oggi prevalenti tra gli adolescenti: lo script e le scritture trasandate, malmenate[…].

crescere1

 (fig. 2)  M, 15

 crescere2

(fig. 3)  F, 15

Come denunciano in particolare gli esempi nelle figure 2 e 3 […] è anche lo script […] ad assumere le stesse modalità scrittorie e la stessa difficoltà a trovare un ritmo di strutturazione: rivelando così la fragilità dell’armatura-script.

[…] In particolare, proprio la cattiva organizzazione spaziale che si accompagna a una difficoltà a gestire le proporzioni delle zone[1], porta a evidenziare una problematicità relazionale che si associa a difficoltà di costruzione della propria identità, di sé.

Il patologico non è di nostra competenza ma, certo, chiunque si occupi di età evolutiva non può che constatare come la diffusione di queste scritture che non hanno regole da rispettare trovino riscontro con le indagini psico-sociologiche che da anni avvertono di una “patologia dell’assenza del limite”. Perché gli esseri umani hanno bisogno di contenitori psichici (e sociali). Offrirli, dovrebbe essere il compito dei genitori. Già: ma quali genitori?

[…] Considero, pertanto, interessanti ai fini di una riflessione non superficiale, le rilevazioni effettuate su 384 “disegni della famiglia” in adolescenti tra 11-19 anni, provenienti da un ceto medio

Dal punto di vista formale, nella rappresentazione dei personaggi […] è apparso evidente, pur nella totale differenza di stile – ma in modo trasversale a età, sesso, risultati scolastici e problematiche personali – una indifferenziazione tra le figure genitori-figli. Cioè delle generazioni e dei ruoli.

 crescere3

(fig.7)  M, 16

 […]

Comunque, la sorpresa più clamorosa offerta dalla disamina di tanti disegni, è stata – come del resto si evince anche dai pochi esempi sopra riportati – dalla rappresentazione “senza autorità” della figura del padre. […]

Sia chiaro: nessuna nostalgia per il padre-padrone. O per il padre-assente. Il problema che si va evidenziando è l’essere passati da situazioni-limite ad altra situazione-limite: quella di un padre simpatico, magari giocarellone, ma ‘evanescente’, pressoché insignificante come adulto, spesso troppo pronto a delegare.

Il piccolo contributo di questo studio è stato di illuminare, focalizzandone alcuni aspetti grafici, come, in chi cresce, stiano modificandosi le mappe mentali che raccolgono le immagini di sé e degli altri ‘oggetti’ delle relazioni primarie. Attraverso i dati statistici – seppure parziali – sia della scrittura sia del disegno della famiglia, si è costruito un quadro d’insieme che ha permesso di mettere a fuoco l’aumentato deficit parentale e, soprattutto, la presenza di una figura paterna poco ‘educante’.

Nessuna considerazione di tipo moralistico mi ha guidato nel riportare i dati. Si è riferito ciò che si è visto. Quello che è.

Qualcuno potrebbe dire che “è meglio così”. Io vorrei solo aggiungere: ma è giusto così?

Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione negli atti del Congresso organizzato dall’Arigrafmilano “Viaggio all’interno della famiglia attuale: aspetti psicologici, clinici, giuridici e grafologici” (Milano, 20/10/2012)

 


[1] Avevo già segnalato in “Ascoltare il segno. Per un dialogo silenzioso con la scrittura dell’adolescente” (Borla, 1999), l’importanza degli item F14 e M29 come segnali di allarme.