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Alunni stranieri inseriti nella scuola italiana: modelli grafici a confronto

Entrare adolescenti nel mondo non è facile. Entrare da adolescenti in un mondo culturalmente diverso lo sarà ancora meno.

Convinte che la grafologia deve sperimentare se stessa in rapporto alle situazioni sociali in perenne divenire, abbiamo cercato di testare gli strumenti a nostra disposizione relativamente all’inserimento di studenti stranieri nella prima classe della scuola superiore.

Per questo piccolo studio ci si è soffermati in particolare sulla realtà dell’Istituto Tecnico per il Turismo che per sua natura offre accoglienza a ragazzi non italiani.

Pochi sono stati i parametri grafologici scelti: una limitazione del campo della ricerca che abbiamo ritenuto funzionale ad un primo ma circostanziale approccio che sia pretesto per una riflessione più approfondita.

 

1.   IPOTESI E ITER DEL LAVORO

L’ipotesi iniziale era che potessero esserci delle differenze importanti tra i modelli grafici adottati dagli alunni italiani e da quelli stranieri, a causa delle diverse origini culturali e dei molteplici tipi di apprendimento della scrittura vigenti in paesi diversi.

Si è lavorato su un campione di 77 grafie, di cui 48 di italiani (41 femmine e 7 maschi) e 29 di stranieri[1] (21 femmine e 8 maschi), tutti iscritti al 1° anno dell’Istituto Tecnico per il Turismo e con età che va dai 14 ai 18 anni. Dato l’esiguo numero degli alunni maschi, non abbiamo ritenuto di valutare separatamente le grafie rispetto al sesso. Le grafie analizzate sono tutte state raccolte durante la prima settimana dell’anno scolastico.

I parametri scelti per confrontare le grafie sono: il tipo di carattere (corsivo, script, stampatello), la dimensione (piccola, media, grande, […]

2.     DATI STATISTICI

Da un punto di vista strettamente statistico è emerso che le specie analizzate sono presenti effettivamente in percentuali diverse nelle scritture straniere rispetto a quelle italiane, come indica la tabella qui sotto: […]

[…] Anche le modalità di presentazione della scrittura ci dicono che i ragazzi stranieri si comportano diversamente da quelli italiani: tra gli stranieri, infatti, è raro trovare una forma sciatta (7% contro il 21% degli italiani); al contrario, quasi tutti scelgono una modalità accurata (93% contro il 79% degli italiani): o meglio si sforzano di ‘mettere cura’ nella loro grafia, pur raggiungendo risultati molto diversi nei diversi gradi.

3.     RIFLESSIONE SUI DATI

Il dato che più ci sentiamo di sottolineare è la scelta del corsivo effettuata solo dal 27,5% degli alunni stranieri. Questo può essere significativo sia di una diversa origine del gesto grafico[2] data da differenti modelli delle scuole di altri paesi, sia dalla difficoltà da parte dei ragazzi stranieri di sentirsi a loro agio in un contesto scolastico e sociale tanto distante da quello in cui si sono formati nei primi anni della loro vita e della loro carriera scolastica. Lo script[3] e lo stampatello sembrano confermarsi come ‘armi di difesa’, come maschere dietro cui nascondersi per poter osservare la nuova realtà che li circonda e decidere, poi, come reagire ad essa.

Se consideriamo questa scelta formale espressione di una volontà che si impegna fino allo sforzo, ci ritroviamo a sottolineare[4] un aspetto qualificante della modalità di accurata presente in modo pressoché totale nelle scritture dei ragazzi stranieri (93% contro il 79% degli italiani).

Una presenza così massiccia impone ulteriori riflessioni. Intanto, non sarà da trascurare che la motivazione all’attenzione e al controllo della forma (con conseguente riduzione del movimento e della spontaneità), oltre ad
esprimere il desiderio di essere riconosciuti ed accettati,  risponde alla necessità di farsi capire in una lingua e in una costruzione che non sempre è per loro familiare né spontanea.

Poi, occorrerà integrare il dato, messo in evidenza, dell’accurata /script-stampatello con altri elementi grafici emersi dalla prima parte dell’indagine […].

alunni stranieri 1

Delicatezza e cautela, nel misto script di una ragazza filippina di 14 anni, che presenta curva attivata da angoli, pressione leggera, buona distribuzione di bianchi importanti, e viene arricchito da leggere e metodiche disuguaglianze.

[…]
4.     CONSIDERAZIONI IN PROSPETTIVA EVOLUTIVA

La presenza di giovani stranieri nelle scuole italiane è un dato ormai inconfutabile, che, sia come cittadini, sia – soprattutto – come insegnanti, deve farci riflettere. Questi ragazzi si trovano, spesso dopo aver affrontato situazioni difficili ed essersi lasciati alle spalle realtà che noi appena immaginiamo, a dover formare una propria identità privi dei punti di riferimento che una “identità culturale” può offrire: […]

Lo studio delle grafie a confronto tra alunni italiani e stranieri – senza dubbio da approfondire – ci conferma quanto sia davvero indispensabile, come educatori o insegnanti, imparare ad ‘ascoltare’ i segnali che gli adolescenti ci lanciano. Per capire le loro incertezze, certo; per aiutarli ad inserirsi. Ma anche per arricchirsi della loro maturità spesso diversa, della loro voglia di costruire. Questo ascolto, questa interazione, può diventare uno sprone, comunque, per insegnanti, alunni, società tutta, a crescere insieme come cittadini del mondo.


Anna Rita Guaitoli – Dall’articolo pubblicato nella rivista  “Il Giardino di Adone”, n. 5

 


[1] Provenienza dei ragazzi stranieri: Romania (6), Ucraina (1), Bielorussia (1), Russia (1), Bulgaria (1), Polonia    (1), Montenegro (1), Bosnia (1), Cina (1), Filippine (4), Sri Lanka (1), Bengala (1), Marocco (1), Egitto (1), Perù (2),  Ecuador (3), Colombia (1), Argentina (1).  Gli alunni analizzati sono in Italia e scrivono Italiano da tempi diversi (massimo 5 anni) e solo 4 di loro hanno imparato a scrivere in Italia.

[2] La variegata provenienza dei ragazzi presi in considerazione non permette un’analisi significativa dei diversi modelli grafici scolastici dei vari paesi.

[3] Non si può dimenticare che in alcuni paesi lo script è il modello grafico proposto nelle scuole.

[4] A.R.Guaitoli, A.Orlandi, Ascoltare il segno. Per un dialogo silenzioso con la scrittura dell’adolescente, Roma, Borla, 1999

P.Cristofanelli, S.Lena, Grafologia ed età evolutiva, Brescia, La Scuola, 2002

Identità come memoria. Identità come integrazione. Conoscere per sostenere.

E’ nel senso comune pensare la propria identità come il riconoscersi distinguibile da qualsiasi altro.

 […] L’identità personale deve intendersi come una costruzione dinamica capace di integrare dati costituzionali, bisogni, capacità acquisite e attitudini, il vissuto legato alle prime relazioni e poi alle successive. Sarà bene ricordare quanto molte delle difficoltà che saranno proprie anche degli adulti si giocano all’interno di questo percorso. Non è un caso, non può esserlo, che oggi il problema più frequente risulti proprio il “problema di identità”. […]

Perché il tutto si ricomponga come realtà unica e continua occorre la memoria, strumento principe con cui attuare il senso di coerenza e quello di stabilità, entrambi indispensabili per affrontare i cambiamenti imposti dall’esistenza.

Se questo è vero come discorso generale, ci si dovrà pure domandare quanto tutto ciò costerà, in fatica e sofferenza, per quel non più bambino che dovrà organizzare i tanti pezzetti di sé in un momento in cui il suo corpo non è quello che conosceva ieri […].

La domanda, poi, diventerà più delicata nei confronti dei giovani immigrati che per la riorganizzazione dei “pezzi” di sé devono confrontarsi con modelli di una identità collettiva, ben diversa da quella di partenza. […]

Seppure la identificazione primaria all’interno della famiglia rimane fondamentale, mi piace pensare ad una stratificazione di identificazioni in cui di volta in volta adulti che diventano significativi possono creare quello scarto che permette di acquisire la complessa configurazione che chiamiamo identità.

Nella scuola, la sensibilità di molti docenti ha colto quanto sia importante la relazione educativa: e su questa base si è verificato come il docente, magari supportato da esperti, può davvero diventare adulto di riferimento […].

Certo, non c’è relazione, non c’è aiuto, se non c’è conoscenza. Strumento decisamente utile a questo fine si è ormai dimostrata la grafologia. Parafrasando il titolo di un mio libro, ascoltando il segno, nell’analisi del tracciato, dei segnali di allarme, del potenziale energetico espresso dal tratto e dal movimento, si riesce ad entrare in comunicazione con chi cresce, ma senza invasione, senza falsificazioni: in punta di piedi, per rispettarli.

Come per le altre scienze umane, non sarà possibile che venga rivelata la personalità intera: ma che da quel prodotto unico e subito “individuale”, si possano conoscere molte delle qualità dell’intelligenza, molto sul livello dello sviluppo affettivo-emotivo (autostima, modalità di adattamento, capacità relazionali), questo sì. Peraltro, verificabile nel tempo, l’analisi del segno grafico permette di seguire l’evoluzione dello sviluppo. […]

Comprendere chi cresce per quello che egli veramente è, con le sue paure e le sue potenzialità: ecco la base conoscitiva imprescindibile per avviare una strategia che possa sostenere un vero progetto di integrazione per una scuola che sa interrogarsi e proporre. […]

Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione al Seminario di studio patrocinato dalla Provincia di Roma “Comunicare per integrare” (Nettuno, 16 maggio 2006)