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Adolescenti “digitali” e narcisismo. Ma quale narcisismo?

Uno studio condotto dall’Università del Maryland ha interessato studenti provenienti da 12 università di tutto il mondo: a loro è stato chiesto di trascorrere 24 intere ore lontano da tutti i dispositivi elettronici (pc, cellulari, iPod, televisione …). Sono stati registrati veri e propri sintomi di astinenza, tra cui ansia, irrequietezza, senso di isolamento. Si è così evidenziato un disturbo definito Information Deprivation Disorder. E’ in realtà, questo, un disturbo che lo psichiatra Cantelmi aveva diagnostico in dieci casi già nel 2000: e oggi sono stati aperti reparti specialistici negli ospedali. La Società di Pediatria – per restare in Italia – ha lanciato un allarme di dipendenza che riguarda (almeno) 5000 giovani.

Cominciamo da qui, allora, ma non prima di aver ricordato che (ultimo rapporto Censis sulla comunicazione) il 94% dei giovani italiani naviga in Internet; l’88% è iscritto a Facebook. Il 15% dei bambini di 9-10 anni e il 52% dei ragazzi di 11-12 anni hanno già un profilo sui siti di social network (ha un profilo sui social network il 90% dei ragazzi italiani di 13-14 anni e il 93% dei 15-16enni); che almeno per 4 ore al giorno mandano “messaggini” (magari mettendo in una busta lo smartphone: così, almeno, per fare una doccia); e che il 56% mantiene il “controllo” della pagina facebook tutto il giorno.

Di fronte a questa realtà quei grafologi (almeno) che vogliono stare a contatto con le scritture adolescenziali sono costretti a fare i conti.

Il rischio, altrimenti, è troppo grande: che si continuino a proporre schemini non più efficaci ad entrare in contatto con adolescenti nati alla fine degli anni ’80 ma, soprattutto, con quelli nati alla fine degli anni ’90.  Questi adolescenti, in particolare, chiamati “generazione 2.0” (o più semplicemente, “nativi digitali”), sono quelli che nella comunicazione mediatica più vengono definiti narcisisti.

Già, ma quale narcisismo sarà il loro, e quello dei fratelli appena un po’ più grandi, “millenials” o “spuri” che siano? Siamo sicuri che bisogna fermarsi al concetto del troppo amore di me?

Anna Rita Guaitoli – Dall’articolo pubblicato nella rivista  “Il Giardino di Adone”, n. 24

 

La formazione dell’autostima nell’epoca dei “Narcisi”

Quanto l’autostima sia fondamentale per vivere bene la vita, lo si sa. Forse non sempre si riflette su quanto il livello di autostima nasca da un confronto fra sé e il mondo circostante.
Se l’analisi della situazione parte da un confronto errato, errate – ovviamente – saranno le conclusioni.

Noi che ci occupiamo di scrittura, prodotto “sociale” prima che individuale, non possiamo non interrogarci su come sia il mondo circostante. OGGI.
Non sempre, e non subito, si avranno delle risposte. Ma, almeno, si cercherà di svincolarsi dagli schemini per entrare nella realtà. Si eviterà così il rischio di parlare degli adolescenti di venti-dieci anni fa: ricordate, quelli che scrivevano gonfio, arrotolato, a boule?
Gli adolescenti che vivono QUESTA realtà sono quelli che per 4 ore al giorno mandando “messaggini” e tutto il giorno mantengono il “controllo” della pagina facebook.

Sarà pure liquida, ma certo la nostra è società che vive trasformazioni definibili epocali, e senza enfasi retorica. Possibile che non cambino i processi di apprendimento? E le relazioni? E, soprattutto, la costruzione della propria identità?

Con riferimento all’argomento da trattare, cominciamo da qui, perché non si può parlare di autostima se non c’è identità. Che non è una ‘cosa’ definibile con una parola: ma un processo complesso che si costruisce nel tempo, attraverso i rapporti, all’interno della società di appartenenza.

Lo sviluppo dell’identità individuale è condizionato, oggi, dall’incontro tra la società detta “liquida” e la rivoluzione teconologica-digitale. Stanno così cambiando le abitudini e i rapporti degli adulti; soprattutto, ad essere coinvolti saranno loro, gli adolescenti: quelli della generazione Z, o “Nativi digitali”.

Per indagare la nuova realtà occorre che non vi siano paraocchi ma nemmeno giudizi superficiali (peggio, pre-giudizi). Bisognerà individuare i vari aspetti, e valutarli all’interno di un range tra rischio e opportunità.

A cominciare, bisognerà valutare il senso del nuovo narcisismo, sempre più celebrazione estetica e spettacolare del singolo.

Quelle immagini che, soddisfacendo il desiderio di rappresentazione per così essere riconosciuti, dovrebbero far crescere l’autostima, rischiano (vedi aspetti particolari come selfie e egosurfing) di costruire un narcisismo fragile sul quale si costruiranno identità fragili; e ambigue.

Sarà anche un narcisismo patologico? Segnali inquietanti sempre più diffusi ci sono. Ma lasciamo che altri, competenti, indaghino, riflettano.

Noi, senza drammatizzare, incontreremo nel tracciato grafico un ragazzo per quello che è oggi: con le sue paure – quelle di sempre – che sempre più difficilmente trovano parole. Con le emozioni che bruciano dentro, ma si spezzettano nelle mille “faccette” con cui può esprimere solo stati d’animo, brevi e superficiali.

Dopo tutto questo discorso, si può pensare allora che scritture così siano oggi ancora prevalenti?

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 Ma allora, se l’autostima è legata alla immagine che viene modificata narcisisticamente – e continuamente – in onore di quel povero Io che non ha altri punti di riferimento né altri parametri per cui rafforzarsi, troveremo tutti … Zelig?

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Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione La formazione dell’autostima nell’epoca dei Narcisi per la giornata di studio e di aggiornamento dell’AGIF “L’autostima, nei suoi aspetti grafologici e psicologici” (23 novembre 2013)

Il narcisismo come elemento di struttura e la scrittura come traccia del disagio

Gli adolescenti sono tema sempre più d’attualità e sempre più ricorrente nella pubblicistica. In Italia il mondo dei giovani ha acquisito autonomia concettuale sociologica con l’istituzione dell’Osservatorio nazionale dei giovani (1990), e con le prime importanti ricerche statistiche dello Iard che hanno evidenziato, quali indicatori generici ricorrenti, forme di solitudine e carenze affettive. In generale, quello che chiamiamo sentimento di disagio. […]

Se si è convinti -ed io lo sono- che il disagio abbia radici nella normalità, questo andrà inserito in una visione dinamica, rivelandosi così possibile momento di passaggio, e di crescita. […] Andrà perciò verificato nelle diverse tappe dello sviluppo: anche per correlarsi ad una, eventuale, immediata strategia di prevenzione. E la scrittura, traccia segnica cui partecipa tutto l’individuo, permette di cogliere sul nascere informazioni preziose del disagio, specifico di quell’adolescente.

Importante, a questo fine, l’analisi della struttura narcisistica che si è venuta a creare attraverso le relazioni: sono loro a determinare, come ha bene illustrato Erikson, le identificazioni che sono alla base delle dinamiche interpersonali essenziali per conquistare la propria identità e quindi la propria autonomia. […]

Potrà risultare banale e pericoloso affrontare il fenomeno del narcisismo, di per sé concetto ambiguo e abusato, e individuarlo quale chiave di lettura di un possibile disagio. Partendo però dalla visione strutturale che Freud fa seguire a quella topica, si può considerare il narcisismo dal punto di vista energetico. Sarà così possibile riflettere sia sull’insieme dei processi che hanno permesso gli investimenti della libido, sia sugli effetti di questo investimento. […]

Dal punto di vista grafologico, si vuole individuare non semplicistici schemini, ma quelle qualità del gesto e del movimento che permettono di indicare la funzione che questo tipo di investimento narcisistico è andato ad acquistare, determinando i diversi stili di relazione, il diverso tipo di adattamento, la diversità dell’azione e del progetto. […]

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Guardiamo questa grafia: presenta la sindrome “classica” del narcisismo (calibro grande, arrotolata, regressiva); ma c’è una base curva attivata da angoli; soprattutto non c’è stasi per quel movimento leggero, tutto interno. La ragazza, sedicenne, farà.

[…]

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E’ il gesto senza tensione (11) che si spezza anche platealmente a dire la labilità del soggetto, il logoramento per una domanda affettiva inevasa[…]. In questa scrittura (una ragazza di 16 anni) dal tratto fragile, talvolta patetico nella sua conduzione, appare quel non-fare che può anche essere un fare apparente, spesso maschera – che non tiene – di insufficiente amore di sé.

Anna Rita Guaitoli, dalla relazione al Congresso Nazionale di Grafologia Giudiziaria “L’adolescente e la scrittura” (Napoli, 13 aprile 1999)