…paura non abbiamo…Convinta che si possa essere seri senza essere seriosi, ho provato una introduzione leggera ad un argomento la cui definizione si fa sempre più pressante con l’incalzare di tanti nuovi entusiasti “giovani” grafologi.
Il tema, dunque, è il supporto, importante, offerto dall’analisi grafologica all’interpretazione dei disegni dell’età evolutiva.
Il problema, serio, è costituito dalla contrapposizione creatasi con il divieto posto, da una parte, in maniera più o meno gentile, da chi si occupa di psiche; dall’altra, con le interpretazioni selvagge che contribuiscono a togliere credibilità alla grafologia. Così tra un “Voi non potete” e una “persona che stando sotto la pioggia senza ombrello sta senza difese nel mondo”, non rimane che rimboccarsi le maniche e cercare di fissare alcuni punti. […]
Proprio da Corman ripartiamo: esattamente da quei tre livelli interpretativi (grafico, formale, livello del contenuto) da lui ampiamente definiti in rapporto al disegno della famiglia.
Ovviamente sarà di nostra totale competenza il primo livello, per cognizione specifica sul tratto e sullo spazio; praticabile il secondo, per l’analisi delle proporzioni, per l’individuazione di linee curve o dritte; precluso il terzo, che dovrebbe portare all’interpretazione.[…]
Tramite approfondimento ed esclusione si dovrebbero così essere delineati gli spazi entro cui esercitare le nostre competenze: senza paura.
Appena raggiunta questa certezza, la stessa appare deludente, se non frustrante: […] sappiamo anche che il bambino disegna, soprattutto, per raccontarsi. Dobbiamo accoglierlo nella sua volontà di comunicare.
[…] Non basta una valutazione analitica: per avere utili integrazioni si dovrà acquisire competenza nell’organizzare quella convergenza degli indici delineata da Corman e ampliata da studi successivi.
Questa convergenza deve realizzarsi tra i diversi livelli di analisi (intratest); tra gli elementi dei diversi test (intertest: e per noi sarà da considerare, appunto, e soprattutto, la grafia); dovrebbe avere un riscontro extratest (informazioni, colloqui, osservazione del processo pittorico): questo ultimo aspetto è prassi normale e ben codificata nel protocollo dei clinici ma realtà che può verificarsi solo parzialmente, e raramente, per il grafologo. Comunque, se ben sistematizzata, l’integrazione anche solo intratest ed intertest, darà informazioni preziose.
Ci è sufficiente? […]
Si è affermato all’inizio che dobbiamo vincere le paure; si è teorizzato che non dobbiamo restare senza parole: per dare “significazione” (Barthes) a quella costellazione di tratti e segni individuati attraverso una attenta analisi, propongo, allora, di considerare un livello fabulatorio.[…]
Non è la prima volta che la grafologia fa riferimento alle elaborazioni della scienza della comunicazione […] alla linguistica in particolare,
In questo caso ciò che mi interessa è usufruire della elaborazione sui vari livelli di “lettura” possibili che […] non devono essere visti in contraddizione, semmai in collaborazione: perché se ogni livello ha proprie unità, se ognuno è passibile di descrizione, nessun livello può produrre senso da solo.
La fabula (il cui etimo latino significava sia parlare per conversare, sia parlare per narrarsi con immaginazione) è l’insieme delle funzioni narrative fondamentali, […] e permette di ri-conquistare la logica di narrazione capace di dare una prima unità di senso.
[…]
Pertanto non ci chiederemo se quel personaggio è stato “valorizzato” perché lui lo ammira, perché lo investe affettivamente, perché desidera identificarsi, perché lo teme, perché lo invidia, perché vuole prenderne il posto. Con responsabilità e consapevolezza delle difficoltà, porteremo avanti l’analisi semantica degli elementi da cui cercheremo di trarre tutti gli indizi possibili; li confronteremo, e li faremo convergere, con gli elementi individuati nelle altre prove.
[…] Noi guarderemo l’insieme dell’istantanea, e, dopo aver recuperato la logica costruttiva di quella costellazione di segni e oggetti, saremo pronti a raccogliere il suo raccontarsi in rapporto al personaggio valorizzato.
Articolo in “Il Giardino di Adone”, n.6